in fondo - in the end

......c......h......i......s......s......à......?......w......h......o......k......n......o......w......s......?

12 October 2006

così

Abbiamo mangiato e bevuto ancora, lasciato scivolare sullo sfondo Mimmo Cerino e le sue telefonate e la casa buttata per aria; c’erano troppi altri pensieri che venivano in primo piano per conto loro, eravamo troppo vicini e presi dalla nostra vicinanza. Abbiamo parlato del suo lavoro e del mio, del karate e del tai-chi e dello zen e della musica indiana e del viaggiare e dello star fermi e del bello e dei sentimenti e delle storie d’amore e dei Milanesi e delle coppie e delle famiglie e dell’Italia e del mondo e degli accenti e degli alberghi e delle regole dell’attrazione e della noia e del divertimento e della lentezza e della rapidità del tempo. Non mi sembrava di aver mai parlato così volentieri con qualcuno in vita mia: di avere mai trovato una donna con una testa così spiritosa e libera e intelligente, con un corpo che corrispondeva così bene alla testa e la teneva così bene in movimento. Più mi raccontava di sé e più la scoprivo vicina a me più provavo stupore per le sue ricerche fuori dai limiti del prevedibile e del sicuro, per le cose che aveva fatto per conto suo mentre i suoi coetanei se ne stavano ancora a casa immobilizzati nelle cure della mamma. E il suo modo di raccontare era sfaccettato tutto il tempo sotto luci di umori e ragioni diversi, limpido e torbido a fasi alterne, divertente o preoccupante a seconda delle parti di lei che venivano fuori.
Cercavo di starle alla pari, tirare fuori i lati intensi o divertenti della mia vita, concentrare il meglio dell’attenzione e dello spirito critico di cui ero capace, girare più lontano che potevo dai luoghi comuni e dai riflessi automatici. Non era difficile, nessuno di noi due si sforzava di fare un esercizio di intelligenza o di non convenzionalità: eravamo naturali e concentrati come non capita quasi mai, attenti a quello che dicevamo e a quello che sentivamo e ai nostri sguardi e al suono delle nostre voci, ai minimi gesti e ai cambiamenti d’espressione.
Poi Manuela ha detto -Non ce ne andiamo?-; e di colpo sembrava tutta istinto e pensieri pensati, anch’io non avevo più nessuna voglia di stare seduto lì dentro. Ho pagato alla cassa per non perdere altro tempo, abbiamo salutato gli orchestrali tedeschi tutti intenti ancora a bere e discutere alla loro tavolata, siamo usciti.


[Da Andrea de Carlo, Arcodamore]

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