in fondo - in the end

......c......h......i......s......s......à......?......w......h......o......k......n......o......w......s......?

29 March 2009

ho attraversato il torrente parma in primavera

stavolta ho attraversato il torrente parma in primavera, a nuoto o forse no.

è andata così:

ero nel tratto che passa in città, per intenderci circa fra il romagnosi e il teatro due. passavo sulla riva abbastanza pianeggiante, camminando dentro l'alveo sull'erba umida e verde brillante, sotto frondosi alberi che coprivano metà cielo, sulla mia testa, sporgendosi dalle balaustre di pietra soprastanti. mi trovavo, credo, in compagnia di qualcuno, perchè questo qualcuno mi ha indicato un cane che giocava entusiasta con il suo padrone. era un cagnetto di media taglia, simile a uno spinone, con il pelo lungo color crema che gli cadeva anche sugli occhietti, vispi e lucidi come semi di cocomero.

il cane era contentissimo e spiccava balzi altissimi e allegri, tanto che io ho cominciato a temere che potesse cadere nell'acqua. il padrone, che indossava una maglietta a righe a colori pastello, a maniche corte e con il colletto rialzato, gli lanciava per gioco una pallina e poi un frisbee alternativamente e lui glieli riportava sempre.

ad un tratto ho visto il cane tuffarsi apposta nell'acqua, non solo per recuperare una pallina, ma per il gusto di nuotare, immergersi e poi ritornare a galla. insomma, sguazzava come un essere umano che avesse deciso spontaneamente di farsi un bagno nel fiume. ho notato anche che il pelo dell'animale riemergeva asciutto e che l'acqua scorreva via dalla sua pelliccia ancora prima che lui fosse uscito completamente.

io osservavo la scena dalla parte del corso d'acqua in questione che dovrei chiamare "riva sinistra". lì per lì sentivo che c'era qualcosa di strano, ma ho messo a fuoco che cosa solamente in seguito. l'acqua scorreva in direzione nord-sud: dunque al contrario di come avrebbe dovuto; ma questo fatto era perfettamente logico in quel momento agli occhi dei presenti. a quanto ne so, solo io avvertivo una stonatura, una sbavatura in questo grazioso quadro di città in primavera.
la corrente era gonfia e potente, l'acqua alquanto sporca: marrone-liquame, direi. trasportava una gran quantità di detriti che io però consideravo tutto sommato "buoni", perchè naturali: rami, foglie, piume di uccelli e naturalmente terriccio. insomma elementi che è normale un fiume trascini con sè, soprattutto in primavera e con tutto quell'impeto.

in ogni caso, il cagnetto era nell'acqua e il padrone gli ha lanciato il frisbee lontanissimo, quasi sull'altra sponda; saranno stati duecento metri. il cane si è deciso a recuperarlo, dunque si è messo a nuotare di buona lena, immerso completamente esclusa la testolina. con la bocca aperta, protendeva il suo tartufo appuntito e trafelato verso il disco di plastica, che sembrava galleggiare vicino alla riva dall'altra parte senza spostarsi, come se volesse attrarlo verso di sè e aiutarlo a non perdere la rotta. anzi, il frisbee non si era ancora posato del tutto, sembrava giocare con il vento, tornare indietro come dotato di volontà propria, nonchè della capacità di volare nel vento e contro di esso a piacimento.

ho notato in quel momento che la prospettiva si era, nel frattempo, capovolta completamente: il mio angolo di visuale era ora dalla parte del teatro, sulla riva destra, sebbene l'acqua continuasse come prima a scorrere verso le colline anzichè verso il po. io ho deciso che non avrei voluto fare e che non avrei fatto un bagno in quell'acqua lurida. all'improvviso sentivo che doveva essere anche molto inquinata, anzi, a ben guardare la era davvero: tantissime particelle in sospensione la sporcavano molto più di quanto non avessi potuto constatare all'inizio. inoltre, temevo gli agenti inquinanti invisibili, tutte le sostanze chimiche che ci dovevano essere sciolte dentro, ma anche gli eventuali detriti grossi, benchè nascosti poichè trascinati sotto il pelo dell'acqua. nemmeno a scrutare attentamente e stando fermi immobili si vedeva qualcosa: il torrente era gonfio, possente e impenetrabilmente color diarrea.

non so come, ma ho trovato un passaggio su qualcosa che poteva volare: forse il braccio di una cinepresa, forse una libellula. fatto sta che ho potuto seguire il cane guardando tutta la scena da appena venti centimetri dietro la sua stessa nuca fulva. contemporaneamente sentivo addosso l'umido e il freddo dell'acqua marrone come quando ti immergi senza voglia in piscina. ma il mio costume non era bagnato, perchè non ero veramente nell'acqua: sarebbe stato troppo disgustoso. o forse ero davvero dentro, ma il liquido aveva su di me lo stesso effetto che sulla pelliccia del cane, ovvero non mi inumidiva nemmeno un po' e le sensazioni che provavo erano solo mentali. infatti, in fondo la situazione mi sembrava allo stesso tempo anche calda e asciutta.
la fatica era tanta, ma le mie braccia (e le zampette del cane) non erano stanche. la corrente era forte e tendeva a trascinarmi a valle - ma verso i colli (caspita, che roba, questa dell'acqua che scorreva dalla parte sbagliata). sapevo bene che, appena dopo il ponte di mattoni un po' vecchiotto che stava lì vicino, il letto del fiume si allargava, cominciavano i campi coltivati, la corrente era molto blanda e il paesaggio rilassato. ma il tratto di città che era proprio appena prima del ponte era vorticoso: in quel tratto stava la corrente e nella corrente c'ero io, che mi sforzavo in tutto e per tutto di seguire una rotta diritta.

il cane è stato al mio fianco per un po', poi ho perso di vista la sua testa vispa, che ho seguito con lo sguardo finchè ho potuto e che è stata infine nascosta dalle arcate imponenti del ponte. so per certo che si è salvato; ma sicuramente non è tornato mai più a vivere fra gli esseri umani, nè in città: ha cominciato una vita anfibia e felice, immerso nel calduccio di quelle acque torbide, incorniciate da un paesaggio collinare rigoglioso e di un verde che definirei frizzante.
io ho raggiunto finalmente l'altra riva, all'incirca nel punto in cui tutta questa faccenda era cominciata: vale a dire sotto le fronde degli alberi che si protendono verso il torrente dall'alto della balaustra di pietra, frapponendosi tra la riva piatta e ricoperta di erba e la strada asfaltata a senso unico, percorsa dalle auto e da qualche autobus arancione.

di nuovo sull'altra sponda. un asciugamano di spugna morbido mi avvolge e forse solo adesso avverto qualche brivido. mi consegnano finalmente il premio.
si tratta di una bacinella quadrata color terracotta. anzi, è leggera ma è proprio fatta di terracotta, in uno stile che ricorda quello etrusco delle urne cinerarie conservate nel museo di volterra. domando che cosa dovrei farne e i giudici che me l'hanno consegnata mi indicano il bassorilievo sul suo lato lungo, quello che io mi sto premendo sulla pancia nel tentativo di sorreggerla. la scosto e la sollevo all'altezza dei miei occhi per osservare le figure. è come se ci fosse modellato un fumetto, anche se in stile antico e di fattura non troppo raffinata: due individui togati, in ginocchio, sfruttano una bacinella del tutto simile alla mia per lavare il loro asciugamano.
capisco che è quello, che si pretende da me. comincio a rassegnarmi. penso che le ginocchia mi dorranno un po' e che non ci sarà abbastanza spazio per disporre comodamente le gambe, ma che in fondo ho nuotato e lottato per questo e che posso considerarmi felice.

mi avvio a fare il bucato.

01 March 2009

pessoas

infatti mi stava aspettando
ho preso la macchina e mi sono diretta ad ovest.
il suo sorriso era ancora là, lievemente più basso di dove l'avevo lasciato la sera precedente. era tornato a guidare la mia traversata.

una volta a casa, nel mio futon, non sono riuscita a dormire bene. era calata sulla pianura una bassa pressione umida che mi ha fatto contorcere e rigirare fino alle ore piccole.

ho sognato e stavolta il sogno lo ricordo quasi tutto, le sensazioni nitide e anche le persone.

decido di esplorare Parma antica, o meglio: vecchia. so che la parte del centro storico che fino a questo momento ho vissuto e amato della mia città non è il suo vero cuore antico, a cui accedo ora per la prima volta.
mi ritrovo per vie abbatanza trafficate, ma strette, pavimentate di acciottolato grigio scuro inframmezzato dalle rotaie del tram. una zona simile al bairo alto di Lisbona. molte persone sono a piedi.
risalgo una collina fra palazzi alti circa cinque piani, importanti, anneriti dallo smog. dietro gli ultimi arrivo finalmente agli scogli e a vedere il mare. anche questo mi sembra inquinato, del resto è un mare "cittadino", ma scorgo in controluce le teste di alcuni bagnanti spensierati che sporgono dall'acqua.
mi domando come sia possibile: a Parma il mare non c'è, è risaputo. sarebbe troppo illogico. eppure.
eppure, io so di non aver mai esplorato quella parte di città antica, per questo mi convinco che il mare è reale e proseguo nella visita.
sento la presenza di B., che con amiche e amici (anche, forse) chiacchiera rilassata bevendo un aperitivo del tardo pomeriggio. è la B. dei tempi in cui si metteva sempre le fasce nei capelli, magari e spesso abbinate ai vestiti.
il vociare dei passanti mi infastidisce, come è normale per me, dato che odio le folle. così torno a malincuore nell'interno, lontano dal litorale di scogli e sabbia. mi introduco in un localetto squallido, uno di quelli per turisti dove ogni cosa pare unticcia solo a guardarla e dove ben prima di aver visto il menù già si sa che non si troveranno cibi sani, nè convenienti.
qui, sentendo lo stomaco appesantito pur senza avervi introdotto nulla, incontro la mia amica svedese S. allora beviamo qualcosa (una birra, mi pare) sedute come nello stesso bar in cui ci siamo salutate l'ultima volta a Valencia. stessa vetrata, stesso tavolino rotondo, lei con le spalle all'ingresso, io alla televisione spenta.
il collegamento potrebbe essere bizzarro, ma se non ricordo male, quel bar aveva qualcosa a che fare con il Portogallo. forse si chiamava Pessoa, o forse proprio Lisboa.. qualcosa di simile. nel sogno devo essermelo ricordato, perchè va bene: non potevo più essere a Parma (la presenza del mare sarebbe pure possibile, ma quei locali orrendi e le orde di turisti chiassosi proprio no), ma mi sentivo a casa e forse il collegamento con Valencia è stato quello: là mi sento proprio come a casa.

alla fine credo di essermi svegliata accaldata e con lo stomaco appesantito per davvero, sebbene per cena non avessi mangiato nulla. per questo do la colpa al cambio di pressione atmosferica.

ma oggi, primo giorno della primavera meteorologica, in cui cade una lieve pioggerellina bigia e ci sono circa otto gradi, ripenso all'amicizia e ai due tipi di amiche che ho sognato.
non giungo a conclusioni, ma penso ad un crogiolo di sensazioni e considerazioni sui rapporti di amicizia e non mi concentro sul lavoro che, invece, dovrei portare avanti.

i legami forti e quelli deboli, alla fine, da cosa si misurano? forse da quando sono cominciati? dall'età che avevamo?

il riconoscersi, specchiandosi, in perfetti estranei

il sentire la mancanza di persone che magari vivono a un metro da noi

il volere sempre partire e poi invece scegliere il contrario "perchè così si coltivano gli affetti".. sì, vale per un tipo di affetti, ma per gli altri, caspita, se anche si parte non è che cambi poi tanto..

o sì?